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La storia della canapa – ITALIA

In Italia la canapa è stata utilizzata per millenni. Testimonianze dell’uso di questa pianta sono pervenute dall’analisi di pipe preistoriche ritrovate in Piemonte e contenenti proprio tracce di canapa. Negli anni ’50 l’Italia era il secondo maggior produttore di canapa al mondo (dietro soltanto all’Unione Sovietica).

Oltre centomila ettari di terre coltivate per un prodotto utilizzato quasi soltanto per fini tessili. La varietà “Carmagnola” in particolare era un prodotto apprezzatissimo perché forniva una fibra di alta qualità e molto resistente. La coltura della canapa per usi tessili ha comunque un’antica tradizione in Italia e fu in gran parte legata all’espandersi delle Repubbliche marinare, dove si utilizzava per le corde e le vele delle proprie flotte.

La pianta inoltre fu per lungo tempo utilizzata come principale risorsa per la produzione di carta, di sostanze oleose (combustibile per l’illuminazione e l’energia), di mangimi per il bestiame e persino a scopo terapeutico[1].

Il professor Raffaele Valieri nel 1887 compì ad esempio importanti ricerche sul valore terapeutico della canapa coltivata in Campania per la cura dell’asma, arrivando persino ad aprire un “gabinetto di inalazione”, che veniva riempito con il fumo prodotto dalla combustione della canapa e dove i pazienti di asma potevano trovare sollievo alla loro malattia.

A titolo di esempio, nel 1914 la produzione di canapa nella provincia di Ferrara arrivava a toccare i 363.000 quintali. Arrivava poi a toccare i 157.000 quintali nella provincia di Caserta mentre in provincia di Bologna si producevano 145.000 quintali. Si pensi ad esempio che la quasi totalità della carta era a quel tempo prodotta con canapa, i suoi semi davano un ottimo olio combustibile e in campo farmaceutico le sue applicazioni erano vastissime. Era normale comprare in farmacia l’estratto di canapa indiana proveniente da Calcutta e i sigaretti di canapa indiana per la cura dell’asma.  

L’anno fatale per la produzione di Cannabis in Italia fu per l’appunto il 1961, quando fu siglata a New York quella che in Italia fu conosciuta come “Convenzione unica dell’ONU sugli stupefacenti”: la Cannabis fu considerata una droga pesante e per questo tassativamente proibita. Ebbe inizio un’era di stigmatizzazione molto forte che vedeva la pianta di Cannabis trasformarsi in un vero e proprio tabù.

Nel 1975 esce la “legge Cossiga” che considerava la canapa come sostanza stupefacente in tutte le sue accezioni anche per quanto riguardava le produzioni tessili, alimentari e cosmetiche. Scompaiono pertanto anche gli ultimi ettari coltivati a canapa. Si decreta così la fine di una coltivazione scomoda a troppe lobby. Nel 1994 e 1995 la sola canapa coltivata ufficialmente in Italia, sotto lo stretto controllo delle forze dell’ordine, è stata quella presso l’ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente), organismo di ricerca statale. Tentativi di ricerca a scopo didattico (in Emilia e in Valle d’Aosta) sono stati repressi.

Ad oggi sono pochi gli usi delle fibre di canapa, utilizzate prevalentemente in forma grezza come imbottitura e per assicurare la tenuta dei collegamenti delle tubazioni idrauliche. Sta però sempre più emergendo la tendenza a rilanciare la coltura di canapa, valorizzando in particolare la sua capacità di fornire grandi quantità di cellulosa, che può essere impiegata nell’industria cartaria, per la preparazione di carta di pregio.  I pesticidi per i pioppi (che servono alle cartiere) sono fra i più tossici esistenti.  Va ricordato che l’Italia, in seguito ad uno studio presentato alla CEE, dal 1977 riceve un contributo dalla Comunità Europea per coltivare canapa per la produzione di carta.

Oggi in Italia la coltivazione e l’uso della canapa è regolamentato dalla legge n° 242 del 2 dicembre 2016, entrata in vigore il 14 gennaio 2017 e che recita:

[..] Il sostegno e la promozione riguardano la coltura di alcune varietà di canapa ammesse finalizzata:

– alla coltivazione e alla trasformazione;

– all’incentivazione dell’impiego e del consumo finale di semilavorati di canapa provenienti da filiere prioritariamente locali;

– allo sviluppo di filiere territoriali integrate che valorizzino i risultati della ricerca e perseguano l’integrazione locale e la reale sostenibilità economica e ambientale;

– alla produzione di alimenti, cosmetici, materie prime biodegradabili e semilavorati innovativi per le industrie di diversi settori;

– alla realizzazione di opere di bioingegneria, bonifica dei terreni, attività didattiche e di ricerca. […]


[1] E. Novellino, A. Cuomo, A. Miro, E. Menditto, V.m Orlando, F. Guerriero, R. Colonna, V. Iadevaia – Farmaci Oppioidi e Cannabis nella Terapia del Dolore